17 marzo 2018

Gaia, a quando vorresti tornare?

Stasera ho visto un film in cui i protagonisti si chiedevano a quale momento delle loro vite sarebbero voluti tornare e mi sono fatta la stessa domanda. In questo post c'è la risposta e, come nel film, ho deciso di associare una canzone ad ogni periodo o anno da rivivere.

Vorrei tornare a 18 anni fa, alla mia infanzia, quando ancora i miei nonni stavano bene e facevamo un sacco di cose insieme, quando i problemi non esistevano perché pensavano a tutto gli adulti.
Canzone: Hamtaro, ham ham friends.
Vorrei tornare alle elementari e precisamente alle estati di quegli anni, quando passavo intere giornate in cortile, a giocare con i bambini del quartiere e mi bastava salire in sella ad una bicicletta per sentirmi la padrona del mondo.
Canzone: Mila e Shiro di Cristina D'Avena.
Vorrei tornare a 10 anni fa, quando andavo alle medie e avevo mille sogni, nei quali credevo con tutta me stessa ed ero certa di come sarebbe stato il mio futuro.
Canzone: A te, di Jovanotti.
Vorrei tornare all'estate 2010, quando dopo gli esami di terza media passavo interi pomeriggi alla villetta ad ascoltare musica con la mia migliore amica del tempo, parlando di quello che ci aspettava a settembre, di come sarebbero state le scuole superiori, delle nuove esperienze che avremmo fatto. 
Canzone: Just the Way You Are di Bruno Mars.
Vorrei tornare al 2013, un anno che mi ha segnato moltissimo perché ha visto realizzarsi alcuni miei sogni, ma anche perché mi ha portato via una persona importante. Se davvero potessi tornare indietro a quell'anno, andrei al concerto dei Modà e poi in vacanza studio a Londra, ma farei soprattutto due cose che non ho fatto: darei ad un ragazzo il bacio che avrei tanto voluto dargli e stringerei forte mia nonna, dicendole quanto le volevo bene prima di perderla per sempre. 
Canzoni: La felicità di Simona Molinari e Peter Cincotti / Arriverà, dei Modà con Emma.



Mi rendo conto che a soli 21 anni vorrei rivivere parecchi momenti della mia vita, forse troppi, ma sono una persona abbastanza nostalgica che spesso preferisce pensare al passato piuttosto che al presente e soprattutto al futuro, perché quest'ultimo ha iniziato a farmi paura..

09 febbraio 2018

Sono tornato

Ieri sera sono stata al cinema a vedere "Sono tornato". Il film mi ha colpito molto e ho deciso di scrivere le mie impressioni su questa pellicola. Prima di iniziare, solo una veloce ma doverosa premessa: non sarà una recensione (quelle le lascio fare a chi se ne intende), quanto piuttosto una riflessione. Buona lettura!


Il titolo del film “Sono tornato” si riferisce a Benito Mussolini ed è il fulcro dell’intera trama: il Duce, infatti, torna in Italia nel 2017 e inizia a girare il Belpaese con Andrea Canaletti (interpretato da Frank Matano), un giovane regista in cerca di successo, che gli propone di diventare protagonista di un documentario. Mussolini accetta al solo scopo di ottenere la visibilità necessaria a riconquistare le masse e così i due si lanciano in un tour per le città italiane che evidenzia come i tempi cambiano, ma gli italiani restano sempre uguali. Questo è, a mio parere, il messaggio più importante dell’intero film, reso bene dalle interviste a persone comuni fermate per strada alle quali si sottopone lo stesso programma di governo messo in atto dal Duce durante il Ventennio. La cosa preoccupante è che molte delle persone intervistate lo approvano e appoggerebbero davvero qualcuno con le stesse idee del Duce. Inoltre, nel film Mussolini viene scambiato per un comico e, nonostante la gravità di ciò che dice, la gente ride di gusto e poco importa se i suoi discorsi sono razzisti, omofobi o cattivi. Il vero problema è che questo accade anche nella vita reale, fuori dal cinema: per esempio, oggi alle barzellette razziste si ride anziché indignarsi, come se le leggi razziali non fossero nate in un clima estremamente simile a quello odierno. L’unica differenza la fanno le vittime: ieri gli ebrei, oggi gli extracomunitari. Il risultato, però, è lo stesso: si alimenta il pregiudizio verso il diverso e si crea un clima di odio che porta e gesti estremi (come quello di Macerata).
Uno dei momenti clou dell’intera pellicola è il racconto dell’anziana nonna di Francesca (la fidanzata di Cappelletti) che, trovandosi davanti Mussolini e riconoscendo per prima che non si tratta di un attore, descrive in modo brutale la situazione degli ebrei durante il Fascismo, dalle leggi razziali ai rastrellamenti nel ghetto di Roma finendo con la crudele narrazione della propria esperienza di sopravvissuta ad Auschwitz. In questo momento quasi ci si dimentica di star guardando un film comico e ci si ritrova catapultati in una dimensione dura e spietata, che apre gli occhi su cosa fu davvero il Fascismo, su cosa significa vivere in dittatura e sulla crudeltà del Duce. Questa disumanità emerge comunque già in una scena precedente del film, nella quale Mussolini uccide a sangue freddo un cane, reo di essere inglese e di averlo morso. È proprio tale episodio, mostrato in tv durante un’intervista al Duce, che fa capire alle persone di avere davanti non un comico, ma un uomo crudele e spietato. Qui sta un altro importante spunto di riflessione: davvero oggi la gente si indigna più per l’uccisione di un cane che per il razzismo e per la morte di innocenti in mare? Quello che succede ogni giorno purtroppo dimostra che la risposta a tale domanda è affermativa.
Come ultima cosa, il regista Luca Miniero è stato abilissimo a raccontare il fascismo evitando di fare apologia, ma mettendo anzi in guardia dal pericolo dell'ignoranza che rischia di portare la storia a ripetersi.
Ci sarebbero altri temi che meriterebbero di essere approfonditi, ma preferisco non dilungarmi ancora e lasciare a chi lo guarderà il piacere di trarre le proprie considerazioni.
Tirando le somme, “Sono tornato” mi è piaciuto soprattutto perché riesce a indurre la riflessione senza rinunciare a far ridere, che è quello che ci si aspetta da un buon film comico: divertimento, risate ma anche un messaggio serio che rimane impresso allo spettatore
.

17 gennaio 2018

Tra le pagine dei ricordi

Questo post è in ricordo di due persone molto importanti per me, che purtroppo non ci sono più: i miei splendidi nonni.


Oggi ripercorrerò i miei ricordi partendo da un oggetto: l’agenda che si trovava accanto al telefono della casa in campagna dei miei nonni. Casualmente, questa agenda è finita tra le mie mani e ho iniziato a sfogliarla. Dentro ci sono appunti di mio nonno (soprattutto contabilità e numeri di telefono legati al suo lavoro), ma anche brevi comunicazioni di servizio tra membri della famiglia. Dal momento che i miei nonni oggi non ci sono più, rileggere i brevi messaggi che si scambiavano tramite l’agenda mi ha riportato indietro nel tempo, a prima che la malattia di nonna stravolgesse la vita di tutti. Mi ha rammentato di quando, da piccola, i nonni si trasferivano in campagna per tutta l'estate e io passavo intere giornate da loro, giocando all'aria aperta lontano dai pericoli delle macchine. Per un attimo, ho rivissuto i bei momenti di quegli anni, quando tutta la famiglia era più serena e spensierata e c’era sempre la voglia di riunirsi e stare insieme divertendosi. Mi sono ritrovata immersa nei ricordi delle domeniche in campagna, con noi bambini che giocavamo nello spiazzale davanti alla casa, gli uomini impegnati con il barbecue e le donne affaccendate in cucina a preparare il pranzo. Poi si mangiava tutti insieme sotto il portico, se non faceva troppo caldo o freddo, altrimenti nel grande salone. Una volta finito di pranzare, sparecchiare e rassettare, arrivava il mio momento preferito: quello in cui gli adulti andavano a riposare. Era proprio a quel punto che io e i miei cugini, approfittando della momentanea assenza di sorveglianza, uscivamo di nascosto per arrampicarci sulla collinetta di pietre (chiamata “serra”) dietro alla casa oppure combinare altre piccole marachelle. Per esempio, quando il nonno fece installare un rubinetto nello spiazzale, il nostro passatempo preferito divenne fare i gavettoni, ridendo come matti mentre si trovava un po' di refrigerio dall'opprimente calura estiva. Se invece non si riusciva ad “evadere”, ci divertivamo ad esplorare ogni angolo della casa curiosando nei cassetti, negli armadi e negli scaffali di ogni stanza alla ricerca di qualche tesoro. Solitamente non trovavamo altro che cianfrusaglie, abiti dismessi e altre cose inutili, che ai nostri occhi di bambini apparivano meravigliose. Crescendo e scoprendo l’amore per la lettura, ho anche trasformato queste divertenti esplorazioni in razzie a danno delle librerie delle mie zie, nelle quali ho scovato diversi libri che ancora rientrano tra i miei preferiti.
Questi sono solo alcuni (e forse i più significativi) dei mille ricordi scaturiti sfogliando semplicemente una vecchia agenda. Addirittura, mi è sembrato che i miei nonni rivivessero tra quelle pagine, usate spesso per comunicare i piccoli eventi della quotidianità (appuntamenti, liste della spesa, comunicazioni di servizio, ecc.). Tutto ciò mi ha fatto riflettere sul potere che ha la carta di racchiudere e rendere eterne cose che altrimenti andrebbero perdute, di rievocare ricordi e impressioni e, a volte, anche di far rivivere le persone.
Non credo che la tecnologia sia in grado di fare lo stesso, perché non può trasmettere lo stesso calore umano di un foglio vergato di pugno da una persona cara. Inoltre, oggi probabilmente quell'agenda non avrebbe motivo di esistere, in quanto per comunicare le stesse cose scriveremmo un SMS o un messaggio Whatsapp, che andranno poi perduti perché ritenuti banali e non meritevoli di occupare spazio sulla memoria del PC o del cellulare. Invece, grazie alla carta, non sono andate perdute e ogni tanto potrò ancora ricordare i miei nonni nella loro quotidianità, magari sorridendo mentre tento di decifrare la loro calligrafia.
Questo è un altro dei motivi per cui ultimamente sto privilegiando particolarmente la scrittura cartacea: perché spero che, quando non ci sarò più, qualcuno possa sfogliare un mio taccuino e magari rivivere qualche bel ricordo, come è successo a me con i nonni.


Per vedere un'altra riflessione sullo stesso tema, clicca qui!!

11 gennaio 2018

Per Faber

Nel primo post del 2018, ci tenevo a ricordare il miglior cantautore italiano.

L'11 gennaio 1999, 19 anni fa, è morto Fabrizio De Andrè. È morto l’uomo, ma il cantautore vive ancora, reso immortale dalla sua musica e dai suoi testi ancora (drammaticamente) attuali. Le sue canzoni, infatti, erano spesso permeate di attualità, di temi profondi e di messaggi scomodi. De Andrè stesso era un personaggio “scomodo”, anticonformista, anarchico, ateo, uno che guardava la realtà con cinica disillusione. I suoi testi mirano quasi sempre a ridare dignità sociale ai più reietti, a chi non l’aveva mai avuta. L’esempio più lampante è forse la “Canzone di Marinella”, nella quale De Andrè riesce a rendere immortale la storia di una ragazza costretta a prostituirsi e poi uccisa in silenzio, senza che nessuno si preoccupi di cercare il suo assassino. Spesso, poi, Faber attacca una società marcia e corrotta , descrivendo torti ed ingiustizie perpetrate dai più potenti a danno dei più deboli, talvolta criticando aspramente anche la politica e lo Stato. Tuttavia, quello che maggiormente mi colpisce delle sue canzoni, è il tono in cui questi temi sono affrontati: con leggerezza e ironia, spesso con irriverenza, ma senza mai perdere la poeticità. Di Faber adoro anche il fatto che ogni canzone sia un’opportunità di riflessione, approfondimento e ricerca. Quando lo ascolto, infatti, solitamente mi ritrovo a chiedermi che messaggio contiene ogni testo, quale sia la sua storia, lo spunto dal quale è nato, il contesto in cui è stato scritto e sento il bisogno di cercare informazioni a riguardo e approfondire gli eventuali riferimenti storici o letterari di cui l’intera produzione deandreiana è ricca. Per questa sua capacità De Andrè, a mio parere, è tra i migliori cantautori italiani, se non il migliore in assoluto, e la sua scomparsa ha lasciato un immenso vuoto nel panorama musicale italiano perché nessun altro è stato e sarà mai in grado di eguagliare la profondità dei suoi testi, vere e proprie poesie che contengono messaggi sempre attuali. Dunque, grazie Faber per averci regalato la tua musica che ci ricorderà sempre quanto fossi immenso. 


Per approfondire i miei gusti musicali, clicca qui !



10 dicembre 2017

Come ho riscoperto carta e penna

Agendina e taccuino
Di recente ho riscoperto la bellezza dell'usare carta e penna e mi piacerebbe condividere con voi alcune riflessioni a riguardo.
Come già detto in altri post, mi è sempre piaciuto scrivere e trovo che mettere per iscritto i propri pensieri permetta di ragionare più lucidamente. Spesso quindi avverto l'esigenza di appuntare quello che mi passa per la testa: non solo pensieri ma anche idee di storie da sviluppare in seguito con calma, magari al PC. Durante il liceo, per ovviare a questa mia necessità, ho comprato una piccolissima agendina dalla copertina blu elettrico (il mio colore preferito) sulla quale scrivevo oltre a quanto detto sopra anche piccoli avvenimenti, numeri di telefono, citazioni letterarie e altro. Quell'agenda, in poche parole, rappresenta un po' di me e del mio mondo interiore, incasinato come quello di tutti gli adolescenti. Spesso, poi, mi capitava di sfruttare anche i diari scolastici, quaderni e post-it, così ogni tanto mi capita di trovare qua e là un'annotazione o un pensiero, magari nemmeno troppo sensato perché buttato giù in fretta, senza essere rielaborato.
Ad un certo punto, però, ho sostituito l'agendina con il cellulare e ho iniziato ad usare carta e penna solo sporadicamente. Non so esattamente il motivo di questa sostituzione, forse trovavo il cellulare più pratico perché ce l'avevo sempre dietro mentre l'agendina spesso la dimenticavo in giro. Oltretutto, in quel periodo l'agendina era andata dispersa chissà dove e non avevo voglia di cercarla o comprarne un'altra. Così, per circa un anno e mezzo, lo smartphone è stato il mio supporto di scrittura preferito, finché da Tiger non sono rimasta folgorata da un taccuino a pois. L'ho comprato e l'ho messo sul comodino con una penna accanto. Vedendolo lì, ha iniziato a venirmi spontaneo utilizzarlo per appuntare pensieri, idee e altre cose. Piano piano, mi sono accorta di quanto mi fosse mancato tenere una penna in mano e lasciarla scorrere liberamente sul foglio per scrivere parole che vengono da sé oppure scarabocchiare nell'attesa di riuscire a tirare fuori i pensieri. Mi piace anche che gli sbagli rimangano visibili nonostante qualunque cancellatura, a differenza del PC che in un clic elimina per sempre l'errore. E' una specie di metafora della vita, nella quale gli errori si possono a volte rimediare, ma mai cancellare perché ne rimarrà sempre e comunque traccia.
Inoltre, mi sono resa conto che in questo momento mi è più semplice liberare le idee su carta, come se il computer inibisse la mia creatività e la mia voglia di scrivere. Questo stesso post è nato su un foglio di bloc-notes, dal quale l'ho poi battuto al PC.
Il taccuino di Tiger, invece, è ancora sul mio comodino ad accogliere i miei sfoghi, mentre l'agendina degli anni del liceo è conservata in un posto sicuro, per poterla sfogliare e rileggere ogni volta che mi andrà. 
Chissà, magari un giorno qualche pensiero o qualche idea estrapolati da quelle pagine diventeranno spunti per i post di questo blog..

Sperando che questo post vi sia piaciuto, vi lascio il link ad altri post sullo stesso argomento:
https://lanxsatura.blogspot.it/search/label/scrittura


19 novembre 2017

LA MAFIA E' UNA MONTAGNA DI MERDA.

Il "grande" avvenimento che in questi giorni ha monopolizzato l'attenzione dei media è che alle 3:37 di venerdì 17 novembre Totò Riina è morto. Da quando ho saputo la notizia, varie riflessioni mi hanno riempito la testa e alla fine ho deciso di condividerle qui.
Per prima cosa, ho pensato che il mondo potesse essere un posto migliore adesso che non c'è più un uomo tanto spregevole come Totò Riina. Non ho gioito della sua morte, perché sarei stata uguale a lui, che brindava festosamente dopo ogni strage, senza rispetto alcuno per la morte di persone innocenti, ma penso che sia facile giustificare chi lo ha fatto. Quelli che, invece, ai miei occhi appaiono ingiustificabili, sono i cretini che si sono detti dispiaciuti per la perdita di un grande uomo. Queste persone sono il cancro della società ed è per colpa loro che la mafia esiste ancora, perché la mafia si estinguerà solo quando tutti riconosceranno che è "una montagna di merda", come diceva Peppino Impastato. Oggi  fortunatamente le persone disposte a fare ciò sono di più rispetto al passato, ma non è ancora abbastanza perché ancora qualcuno infila la testa sotto la sabbia e finge che la mafia non esiste o addirittura pensa che sia positiva. Quello che più mi dispiace, però, è che spesso a quest'ultima categoria di persone viene data maggiore attenzione mediatica. Così arriviamo alla seconda riflessione, che riguarda proprio i mass media. In TV, sui giornali, sui social , infatti, si sta parlando troppo di Totò Riina. Gli è stata dedicata un'attenzione spropositata e immeritata. Piuttosto che parlare di lui, si potrebbe parlare e raccontare la storia delle cento vittime dei 100 omicidi che ha commissionato: come il piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido a 11 anni per "espiare" le colpe del padre, come Falcone e Borsellino, fatti saltare in aria insieme ai loro agenti di scorta, come il generale Dalla Chiesa e della moglie uccisi brutalmente mentre stavano andando a cena al ristorante.
Invece, i media parlano della famiglia Riina, che ha avuto il coraggio di chiedere rispetto per un essere che rispetto non ne ha meritato in vita e non ne merita certo da morto. Il rispetto, infatti, va conquistato e non con il sangue, ma con l'onestà.
Detesto anche l'espressione "capo dei capi" che fa sembrare Riina un uomo potente quando è soltanto un pezzo di merda che ha ucciso per un potere che gli ha distrutto la vita, costringendolo a 24 anni di latitanza, passati a fuggire e nascondersi come un coniglio, per finire poi in carcere e morire solo come un cane, senza nemmeno rivedere i familiari. Eppure, sono fermamente convinta che abbia fatto una fine anche migliore di quella che avrebbe meritato perché, dopo le centinaia di vite da lui stroncate, ha avuto la possibilità di morire di vecchiaia mentre alle sue vittime è toccata una morte orrenda e dolorosa, spesso in mezzo alla strada.
Oltretutto, tutto il clamore mediatico legato alla figura di Riina potrebbe alimentare la mentalità sbagliata che i cattivi "passano alla storia" (quello che Totò Riina voleva), mentre i buoni vengono sempre relegati in un angolo e si parla di loro solo in ricorrenze particolari, come succede per esempio ai giudici dell'antimafia ,dei quali spesso si parla solo nella commemorazione della morte per poi dimenticarsene  durante il resto dell'anno. Bisognerebbe invece parlare continuamente di antimafia, per far sì che sempre più persone capiscano il valore dell'onestà e si ribellino a Cosa Nostra. Vedere che questo sta già accadendo, anche se molto lentamente, accende in me una speranza per il futuro: che presto la Sicilia sia libera e che non dovrò più vergognarmi della mia terra per colpa di pochi individui che l'hanno resa celebre per le stragi più che per le sue immense bellezze.
L'ultima riflessione è sul fatto che purtroppo con Totò Riina non muore Cosa Nostra, come sento spesso dire, muore solo il suo capo. Infatti, perché Cosa Nostra muoia davvero, devono essere gli stessi siciliani a ucciderla. A questo proposito, riporto una riflessione di Pino Maniaci (direttore di Telejato, piccola rete televisiva da sempre schierata contro la mafia) che mi ha particolarmente colpito: "In Sicilia c’è un mafioso ogni mille abitanti. Se ognuno di questi mille desse un calcio a quel pezzo di merda, a quest’ora la Sicilia sarebbe una terra libera”.
E allora vorrei fare un appello a tutti i siciliani: svegliamoci e, urlando a pieni polmoni che la mafia è una montagna di merda, riprendiamoci la nostra meravigliosa terra per farla brillare non con il tritolo delle stragi, ma con l'immensità delle sue bellezze.





10 agosto 2017

Morfeo, dove sei?

10 agosto 2017, ore 1:50.

Non riesco a dormire, nonostante sia tardi e domani debba alzarmi presto. Un sacco di pensieri vorticano nella mia testa e non riesco nemmeno ad afferrarli tutti mentre portano via il mio sonno.
Sono mesi che non scrivo una riga su questo blog, non perché non avessi argomenti o idee, quanto piuttosto per mancanza di tempo e, soprattutto, voglia di scrivere. Anche se "voglia" non è proprio il termine corretto, perché per me scrivere è più un bisogno: bisogno di fermare su carta emozioni, fantasie, idee, pensieri, sensazioni, esperienze; bisogno di esprimere ciò che a voce non riuscirei mai a tirare fuori, bisogno di sfogare rabbia e nervosismo, bisogno di smaltire ansia e stress.
La scrittura per me è da sempre un angolo in cui essere veramente me stessa o diventare chi voglio per sentirmi meglio di come sto realmente. Scrivere, comunque, richiede sempre sincerità. Non si può mentire di fronte al foglio bianco, qualunque cosa si scriva esprimerà una parte di se stessi, per quanto si possa rifiutare di ammetterlo. Anche scrivere storie inventate, alla fine, è solo un modo per esprimere la proprià personalità e scoprire aspetti del proprio io che magari non si conoscevano.
Questo è ciò che la scrittura rappresenta per me ed è il motivo per cui fa parte della mia vita da molti anni e spero vi rimanga per molti altri.
Non so se adesso finalmente Morfeo mi prenderà tra le sue braccia, ma sicuramente con questo flusso di coscienza sono riuscita a svuotare un po' la testa e magari adesso riuscirò a dormire meglio.

Grazie per essere arrivati fin qui. Un bacio, Gaia.

08 marzo 2017

Dear me..

L'altro giorno, su YouTube, mi è capitato di vedere un video in cui una ragazza leggeva una lettera che aveva scritto alla se stessa adolescente. L'idea mi ha ispirato, così ho deciso di fare lo stesso. Questo è ciò che ne è venuto fuori.

Risultati immagini per dear me

Cara Gaia adolescente, 
sono te stessa adulta e ti vorrei scrivere alcune cose per aiutarti. 
In primis, so che adesso stai attraversando un brutto periodo e ti senti sola, abbandonata, tradita. Sei così fragile da lasciare che qualunque cosa ti abbatta, che una minima critica annienti completamente la tua autostima. Tante volte pensi che sarai una fallita, che nella tua vita non riuscirai a concludere niente. Ecco, posso assicurarti che non sarà così. Un giorno crescerai, cambierai, conoscerai persone che ti apprezzano così come sei e, grazie a loro, riacquisterai fiducia nel mondo e in te stessa, perché capirai che per farsi voler bene non bisogna cambiare, basta essere semplicemente se stessi. Non sarai mai piena di amici, ma quelli che avrai saranno sinceri perché li selezionerai con cura e di questi riuscirai a fidarti ciecamente. All'inizio sarai sempre un po' spaventata, però, piano piano, vincerai tante delle tue paure e ritroverai il coraggio di lasciarti andare a nuove esperienze, nuove conoscenze e nuove occasioni. Diventerai più forte e le ferite che sono aperte si chiuderanno e diventeranno cicatrici. Cicatrici che faranno sempre parte di te, anche se magari all'inizio le nasconderai, alla fine, verranno fuori e allora ne sarai quasi orgogliosa perché mostreranno tutte le tempeste affrontate e gli ostacoli superati anche a costo di dolorose cadute. Abituati alle cadute, che saranno tante, ma vedile anche come una sfida a rialzarti, da sola e con qualcosa in più. Ce la puoi fare! Anzi, oggi sono qui a scriverti questa lettera  proprio per dirti che ce l'hai fatta! 
Spesso proveranno a tarparti le ali e cercheranno di convincerti che pensi troppo in grande rispetto a quanto vali, che non vale nemmeno la pena provare a realizzare i tuoi sogni troppo utopici. Tu non dare mai retta a queste persone e non smettere di sognare, perché è l'unica cosa che può farti raggiungere gli obiettivi che ti poni. Mettiti sempre in gioco e sfida chi non crede in te, hai tutte le carte in regola per vincere. Chi ti sta scrivendo ha già vinto un paio di queste sfide, per esempio è arrivata dove quasi nessuno credeva sarebbe potuta arrivare.
Di cose da dire ne avrei ancora tante, ma voglio lasciare a te, piccola adolescente, l'emozione di scoprire cos'altro ti riserverà il futuro. Spero comunque che tu possa far tesoro di quanto ti ho appena scritto. Solo un'ultima raccomandazione: amati!

Con affetto, la Gaia del presente.

15 gennaio 2017

Cambiamenti musicali

Oggi vi parlo dei miei gusti musicali, di come siano cambiati nel corso della mia vita e quali sono oggi.

La prima musica che ricordo era quella che mi faceva ascoltare mio padre in macchina, cantautori e artisti più o meno conosciuti degli anni '60,'70 fino ad arrivare agli '80. Tutta musica dei "suoi tempi", un po' datata per la fine degli anni '90, soprattutto per una bambina. Mia madre, invece, preferiva cantanti più moderni ma non ricordo nulla di più preciso.. Crescendo, poi, il mio rapporto con la musica inizia a subire anche l'influenza di uno zio, grazie al quale ho conosciuto Carmen Consoli, che ho apprezzato molto. Uno dei ricordi più nitidi della mia infanzia è proprio "Amore di plastica" in duetto con lui, ballando e cantando come due pazzi intorno al tavolo della cucina mentre lui finge di suonare un'immaginaria chitarra.

Poi, per il decimo compleanno, un altro zio mi ha regalato un lettore mp4 (credo uno dei primi in circolazione) che ha successivamente riempito di canzoni soprattutto di Fabrizio De Andrè, del quale era un grande appassionato. Così ho conosciuto quello che ritengo il miglior cantautore italiano.
Con l'arrivo alle medie ho abbandonato la musica "imposta" dalla mia famiglia e ho iniziato ad ascoltare e seguire cantanti e band nuove, più alla moda: ho ascoltato per qualche anno Sonohra, dARI, Lost, Finley e altri gruppi del momento, influenzata dalle mie amiche.
In prima liceo è arrivata la svolta: un sabato pomeriggio di febbraio, seduta al computer di casa, ho trovato su una pen drive l'album di un gruppo che si stava facendo strada proprio in quel periodo e che io non conoscevo granché, se non per un'unica canzone, intitolata "La notte". Erano i Modà. Quel giorno ho ascoltato interamente l'album "Evviva i romantici" per la prima volta, il sabato successivo ho fatto lo stesso e così molti altri pomeriggi. In breve tempo, mi sono innamorata dei Modà al punto da arrivare a conoscerne anche le canzoni meno conosciute. Più li ascoltavo, più mi piacevano e così sono diventata una loro grande fan. Da quel febbraio del 2011 ho comprato (o mi hanno regalato) ogni loro nuovo album, ho letto il libro di Kekko, seguito ogni intervista, perso la testa prima per Diego (il biondissimo chitarrista) e poi per Kekko, tappezzato diari e quaderni con le frasi delle loro canzoni, fino ad arrivare al 25 maggio 2013. In quella data, ho visto un sogno realizzarsi: i miei genitori mi hanno portata al concerto del Gioia Tour al Velodromo di Palermo. La ricordo ancora come un'esperienza magica, alla quale intendo dedicare un post a parte prima o poi.
A questo punto, probabilmente vi starete chiedendo che musica mi piace al momento. La risposta non è semplice, perché negli ultimi anni sto ascoltando un po' di tutto, seguendo l'ispirazione del momento.
Due anni fa ho ricominciato ad ascoltare Faber, approfondendo i suoi testi e comprendendo l'immensa poesia e la crudele verità che è capace di trasmettere attraverso tutte le canzoni. Poi ho riscoperto Baglioni, Venditti, De Gregori, Dalla, Battisti e gli altri cantautori conosciuti grazie a mio padre, imparando ad apprezzare la poesia nei loro testi e la bellezza dei loro messaggi.
Ultimamente, mi sono riavvicinata pure a Carmen Consoli, che mi è piaciuta tanto da avere quasi una fissazione per lei.
Quanto ai Modà, loro restano i padroni della playlist del mio cellulare, non mi stancano mai e ogni album mi sorprende e piace più del precedente.
A questi artisti, parte della mia vita da sempre, se ne sono aggiunti nel corso del tempo molti altri, alcuni più "commerciali" (Emma, Alessandra Amoroso, Laura Pausini, Arisa, ecc), altri più ricercati, come qualche cantautore contemporaneo (in particolare in questo periodo apprezzo molto Alex Britti).
Per chiudere, volevo precisare che non sono assolutamente esperta in materia musicale e non mi importa quanto i cantanti siano bravi a livello tecnico: io ascolto semplicemente quello che mi piace.

07 gennaio 2017

Nevica!

6 gennaio 2017
Ricordo che da bambina, durante le vacanze di Natale, guardavo quei film in cui nevica e tutti escono a giocare e sognavo di poter passare anche io un Natale tra la neve. Ogni volta che qualcuno diceva "quest'anno nevicherà" il sogno si intensificava, diventava speranza, emozione, trepidazione. La profezia, però, non si è mai avverata. La prima neve che ricordo di aver visto risale a due anni fa, il giorno prima di Capodanno, quando una nevicata notturna ha lasciato qualche tocco di bianco qua e là, subito disciolto dal sole mattutino.
Poi, quest'anno, a 20 anni suonati, ho visto il mio sogno diventare realtà non a Milano, dove sarebbe stato probabile vedere la neve, ma in Sicilia.
L'altro ieri sera, infatti, ha iniziato a nevicare ed è andato avanti per tutta la notte, così che la mattina del 6 gennaio tutto era coperto di neve bianca e soffice come cotone. Di fronte ad uno spettacolo del genere, nessuno ha resistito e le strade del mio quartiere si sono riempite di bambini e adulti incantati dalla magia della neve.
Le sorprese non erano, però, finite, perché a metà mattina ha ripreso a nevicare senza più smettere fino a pomeriggio inoltrato.
L'atmosfera si è fatta irreale, il silenzio ha avvolto ogni cosa e quel bianco manto ha iniziato a ispessirsi sempre di più, fino a coprire ogni superficie disponibile. Nel giro di qualche ora, non è stato più possibile distinguere altro se non il bianco candido della neve che continuava a cadere lentamente.
7 gennaio 2017
Quando, a metà pomeriggio, la bufera ha dato un po' di tregua, sono potuta tornare bambina e giocare.
E' stato un momento di magia pura, di divertimento inimmaginabile. A 20 anni ho potuto fare, finalmente, quello che avrei voluto fare da bambina e mi sono sentita felice come se stessi rivivendo per un istante la spensieratezza dell'infanzia. Ieri sera ha nevicato ancora e per tutta la notte, così stamattina mi sono svegliata di fronte ad un paesaggio ancora più bello, con la neve così spessa da sembrare un soffice letto di panna montata in cui tuffarsi e sprofondare, immersi nella pace e nel silenzio di un mondo paralizzato.
Adesso, nonostante un po' di sole, la bianca coltre non si è ancora sciolta e la magia portata da questo inaspettato regalo post natalizio permane nell'aria.
Nel frattempo che finisco di scrivere, fuori dalla mia finestra sta ancora nevicando, non tanto, ma piccoli fiocchi continuano a danzare nell'aria, a depositarsi sulla superficie degli oggetti e, soprattutto, nella memoria di grandi e piccini che ricorderanno questo 2017 per aver regalato una delle nevicate più belle di sempre.

P.s: mentre la neve cade ancora, fitta e imperterrita, io vi auguro un nuovo anno magico e ricco di sorprese inaspettate, come può esserlo la neve in Sicilia.